Sono a casa.
Il che detto così potrebbe essere una cosa normale e invece no, sono a casa dopo la sesta operazione in sei anni. Le ricordo tutte, ognuna ha avuto un che di suo, ognuna mi ha insegnato qualcosa. Anche questa, non ci si abitua mai.
Come è andata stavolta? Bene direi, non mi lamento, anche se onestamente sono stanco. E vi dico che questa è l’ultima perché ho deciso così. Sembro presuntuoso? Forse, boh. Vi racconto una cosa. Arrivato in camera operatoria l’anestesista ha cominciato ad armeggiare sulla schiena per farmi la spinale. Ha trovato il punto dove infilare l’ago e…. niente. L’ago non entrava tra le vertebre. O meglio, l’anestesista non trovava il giusto angolo. Fa male? Cazzo se fa male, avoja se lo fa. Questi balordi tentativi sono andati avanti una decina di minuti. Con un’infermiera che mi piegava la schiena in avanti e uno che con un pugno nello stomaco spingeva indietro per far curvare il più possibile la colonna. E l’anestesista a cercare un varco. E a un certo punto una cosa bellissima. Mi sono estraniato. Sono uscito dal corpo. Sentivo il dolore ma non lo provavo, sarei potuto rimanere lì a sopportare per un tempo eterno. Ecco, per questo dico che è l’ultima. Perché abbiamo la capacità di controllare il corpo, basta volerlo. E ho una gran voglia di chiudere questa striscia aperta di un’operazione all’anno che va avanti dal 2016.
Però sapete una cosa? La madre di un mio amico quando lo sentiva brontolare gli diceva: “ti stai lamentando? Fatti un giro in ospedale e se non ti basta prima di tornare a casa passa al cimitero”. Ecco, ogni tanto farsi un giro in ospedale male non fa, sopratutto se si perde di vista il fatto che la vita è bella, è un’avventura che va vissuta fino in fondo perché il tempo che sprechiamo poi non ritorna. Gli imprevisti, gli inciampi e tutto quello che ci sembra un ostacolo insormontabile, in realtà sono delle occasioni. Bisogna solo capire qual é il giusto angolo di osservazione.
Sono a casa e la vita è una roba bella amici. Lasciate da parte le scorie, la negatività, le pippe mentali e quelli che cercano sempre di tirarvi verso il basso. Quando si può, coltivate la leggerezza, siate concreti nei vostri progetti, fate vincere la voglia di vivere. È un regalo unico che ci siamo fatti, godiamocelo.
Chiudo. In finale, vi voglio ringraziare tutti. Vi chiedo scusa perché non ho avvertito nessuno e quindi vi ho colto di sorpresa. Ho condiviso qui sopra le tappe di questa sesta avventura ospedaliera e l’affetto che avete mi dimostrato passo dopo passo è stato utile, tanto. Grazie amici, grazie sempre.